Non preoccupa ancora la classifica. Adesso, Ventura ha problemi più seri e riguardano la crisi di gioco e di carattere in cui versano Glik e compagni, probabilmente troppo appagati (soprattutto quelli della vecchia guardia) dai risultati ottenuti nelle precedenti stagioni. E se la crescita fu costante o quasi, anno dopo anno, per questa stagione, quella che avrebbe dovuto definitivamente permettere di “alzare l’asticella“, si registra invece una regressione che deve iniziare a far stare sul chi va là tutta la squadra.

 

O meglio, a un ritorno al passato, che in questo caso era tutto fuorché florido. Si trattatva, cioè, del primo anno di A, di un Toro che, da matricola, si riaffacciava nella massima serie con voglia di ricostruire qualcosa, ma un piccolo passo alla volta. Era la squadra di Bianchi, del primo Cerci, degli acerbi Darmian e D’Ambrosio: giocatori giovani, sì, ma non con l’esperienza e le qualità di base che hanno in rosa, attualmente, un Baselli o uno Zappacosta, per intenderci.

 

E quel Toro, tra febbraio e marzo, patì una crisi di risultati non indifferente, dalla quale riuscì a districarsi soltanto in primavera, raggiungendo una salvezza a 40 punti che, quest’anno, costituirebbe un piccolo grande fallimento. Rispetto a tre anni fa, quel Torino è cambiato, è cresciuto, si è, almeno sulla carta, profondamente evoluto: ed è anche nel DNA delle squadre di Ventura, purtroppo, avere un grosso calo di rendimento dalla seconda metà di marzo fino a quella di aprile. Insomma, la reazione del Torino, di quello attuale, proprio non può tardare ad arrivare. Prima che i fantasmi di un passato costituito da faticose salvezze riemergano. Allora sì che la regressione (e la classifica) sarebbe davvero preoccupante.

 


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